David Almond è il mio autore preferito, lo sapete. Prima di decidermi a recensire Il selvaggio (The Savage), nato dalla collaborazione con l’illustratore Dave McKean, l’ho letto e riletto almeno due volte, perché a dispetto delle sue 75 pagine, è un graphic novel così denso di stimoli, idee, concetti che è difficile decidere su cosa focalizzarsi.

Alla terza lettura mi è sembrato di aver trovato tutti i pezzi e il senso del racconto mi è sembrato chiaro.

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Il riassunto di “Il selvaggio”

Blue Baker ha 11 anni, una mamma, una sorellina – Jess – e un bullo che lo perseguita e lo chiama Fogna, o Sorcio, o roba simile.

Non ha un papà, perché è morto da pochi giorni, improvvisamente.

E questo è un grosso problema per Blue, sia perché il papà gli manca terribilmente (ora non ha più nessuno con cui confidarsi), sia perché il bullo – Hopper – dal giorno del funerale è diventato ancora più bullo.

Un vero bastardo. E’ arrivato perfino a dirgli che se suo babbo, quel ciccione, è crepato è merito degli accidenti che gli ha augurato quando si è permesso di presentarsi alla porta di casa e ordinargli di darci un taglio con le sbruffonate. Blue lo odia con tutte le sue forze. Vorrebbe spaccargli la faccia. Farlo tacere per sempre.

A scuola, poi, si sono inventati di farlo seguire da una psicologa, la signora Molloy, buona e cara, per l’amor di Dio, ma completamente inutile, lei e quel suo consiglio senza senso di scrivere su un quaderno i pensieri, le emozioni, i sentimenti in modo da “elaborare il lutto”.

Blue ci ha pure provato a tenere un diario, ma non si è sentito meglio nemmeno per un secondo. Scrivere che è triste non lo ha fatto sentire meno triste. Scrivere che si sente solo e spaventato, non lo ha fatto sentire meno solo e spaventato.

Blue allora si è messo a scrivere una storia. Non una di quelle favolette con maghi e fate e un lieto fine e cose così. No, no. Una storia vera, fatta di avventure, sangue e sbudellamenti e paura. Perché la vita reale è così.

Il protagonista è un ragazzo selvaggio, senza famiglia, senza amici, che vive nelle rovine della chiesa diroccata del bosco di Burgess. Non sa parlare, perché nessuno glielo ha insegnato, vive cacciando conigli e raccogliendo bacche. Non sa da dove viene ma ha una vita tutta sua, feroce, oscura, misteriosa e avventurosa.

Un giorno il ragazzo incontra Hopper e sente che ha un odore sgradevole e vede la sua espressione stupida, mentre se ne sta lì, nel suo bosco, a fumare e sputare. Prova antipatia e odio nei suoi confronti: vorrebbe sorprenderlo e ucciderlo con l’ascia che ha rubato a Frankie Finnigin, poi gettare il suo cadavere nel pozzo diroccato, ma quando sta per balzare, Hopper se ne va e riattraversa il ponte in direzione di Saltwell.

Un’altra volta sorprende Blue e Jess nello spiazzo antistante la chiesa che ballano e giocano con le farfalle e godono del sole e del profumo dei fiori. Sente che hanno un buon odore e che la loro voce è dolce e musicale. Quando se ne vanno, vorrebbe seguirli, ma si blocca e si limita a imitare i loro movimenti e i suoni che ha sentito.

Una notte di luna piena si avvicina al villaggio, fino alla fattoria degli Stokoe, libera un maiale e lo cavalca. Quella notte succedono tante altre cose. Il Selvaggio si intrufola in casa di Hopper e lo sorprende nel sonno. Vorrebbe ucciderlo ma non se la sente, allora si limita a prenderlo a pugni e a farlo piagnucolare di terrore. Poi entra in casa di Blue e sale fino alla camera di Jess e la annusa e la accarezza.

La mattina seguente Blue inizia a chiedersi dove sia la linea di confine tra fantasia e realtà.

Quando Jess si sveglia, la mamma la trova col faccino sporco di fango come se qualcuno dalle mani sozze l’avesse accarezzata. Andando a scuola, Blue incontra Hopper con un occhio pesto e il labbro spaccato.

E’ allora che si rende conto che “il ragazzino è uscito dalla storia e ha preso vita nel mondo intero”.

Da quel momento le vite di Blue e del selvaggio non solo si intrecciano ma si rispecchiano. Il ragazzo selvaggio scopre qualcosa di nuovo e ignoto: l’odore buono della mamma, il calore di una sorellina, il suono bello delle poesie. Anche Blue scopre qualcosa di nuovo: il coraggio di ribellarsi a Hopper e di fare i conti con la morte del babbo.

E’ inevitabile che Blue e il selvaggio si incontrino. L’incontro avviene nella grotta sotterranea alla chiesetta di Burgess. Blue mostra al Selvaggio le pagine che ha scritto e illustrato su di lui. Il selvaggio mostra a Blue le pareti della grotta, dove ci sono ritratti lui, la sorellina, la mamma e perfino il papà. Nell’abbraccio tra Blue e il selvaggio avviene qualcosa di magico e potente: Blue sente la voce del babbo, nitida e chiara, che gli chiede una cosa sola, di essere felice.

Dopo quella volta Blue e il selvaggio non si rivedranno mai più, né Blue scriverà ancora sul selvaggio. Col passare del tempo il dolore e la tristezza si affievoliranno e Blue capirà che, in un certo senso, il dolore è necessario per capire cos’è la felicità.

Blue non farà leggere a nessuno la storia del selvaggio per tanto tempo, fino al giorno in cui non si sentirà pronto a fare conoscere la storia al mondo intero.

La recensione di “Il selvaggio”

Ne Il selvaggio ho ritrovato i temi cari a Almond, che sono tanti: il tema della morte, l’elaborazione del lutto da parte degli adolescenti, il bullismo, la fatica di crescere. 

Blue è un ragazzino che la tristezza se la porta già nel nome. Alla tristezza si sommano il senso di perdita e spaesamento in seguito alla morte del padre e la frustrazione per essere bersaglio delle angherie dei bulli. Inevitabile che Blue sia arrabbiato. Da questa rabbia prende vita, nel vero senso della parola, il selvaggio, l’alter ego potente di Blue, che è l’incarnazione di tutto ciò che lui crede di non poter essere: libero, forte, indipendente, coraggioso, reattivo. Potente. Grazie al selvaggio Blue troverà le risposte che cerca e finalmente riuscirà a iniziare una nuova vita.

Ne Il selvaggio ho ritrovato anche il fondamento della poetica di Almond: la dichiarazione che i romanzi per ragazzi non devono portare ‘altrove’, ma devono mostrare la vita come è, nella sua durezza, nelle sue ingiustizie, ma anche e soprattutto nella sua meraviglia.

Bellissime le illustrazioni di Dave McKean, nei toni del verde acqua e del blu, ovviamente. Bellissimo l’alternarsi di pagine di testo a pagine di illustrazioni e la fusione di testo e illustrazioni nelle pagine in cui Il Selvaggio e Blue si incontrano e si toccano.

La scheda editoriale

  • Titolo: “Il selvaggio”
  • Autore: David Almond
  • Casa editrice: Edizioni BD
  • Età di lettura: dagli 11 anni
  • Consiglio di lettura: Per chi è alle prese con la rabbia e il dolore che un lutto si porta dietro e non sa come uscirne.

Al momento in cui scrivo Il selvaggio è purtroppo fuori catalogo. Se volete leggerlo, potete cercarlo sugli scaffali delle biblioteche pubbliche.