Il kappa Kyusenbo è il primo personaggio dell’immaginario nipponico di cui ho fatto la conoscenza e l’ho amato fin dal primo momento per il suo essere un tipo strano, originale, pieno di ambiguità e contraddizioni. A partire dal nome – kappa o gawappa – a seconda delle zone del Giappone. Poi per la sua origine, non si sa se continentale o autoctona. Poi per la sua natura stessa, acquatica e terrestre. Infine per il suo modo d’essere, buddista e scintoista al tempo stesso.
Del kappa Kyusenbo ci racconta Takashi Yoichi in Storia di un kappa.

Il riassunto di Storia di un kappa di Takashi Yoichi
Kyusenbo nasce da un bocciolo di fior di loto in fondo al mare, ma i pesci non lo riconoscono come appartenente al loro elemento. Neppure le rocce lo riconoscono come minerale. Un fiore non può essere.
Da subito se ne sta seduto solo soletto come un piccolo Buddha, con le sue zampette incrociate e l’aria di chi ha già visto tutto e sa come stanno le cose. Non è nemmeno un uomo, quindi, e ha in sé qualcosa di divino!
E forse è proprio così, perché Kyusenbo ha un ciclo vitale di 200 anni, durante i quali genera 700 individui e percorre in lungo e in largo mari e terre. Durante la sua vita conosce tutto il male del genere umano e cerca di porvi rimedio.
Conosce i servi della gleba, impoveriti e asserviti, un signore feudale in delirio di onnipotenza, dei ninja spietati e violenti. Fa in tempo a sconfiggere il Male Assoluto, rappresentato dal signorotto feudale e a salvare i servi malmenati e bistrattati ma senza violenza. Soltanto dando prova del potere immenso che ha chi sta dalla parte della ragione, del Bene.
Armato di un arco fatto di giunchi e di una corda fatta di capelli intrecciati, Kyusenbo contende il possesso del sole al signore medievale, ripristina il ciclo diurno, libera gli schiavi. E tutto ciò con una mansuetudine, un equilibrio, una naturalezza che fanno crepare d’invidia il signore feudale.
Poi riprende la sua strada e vaga per i monti per tutto il tempo che gli resta.
Kyusenbo non è scontato nemmeno nel momento dell’addio. Dopo aver raggiunto lo scopo comune, la famiglia dei kappa esce di scena così come vi era entrata. I 700 generati rimpiccioliscono fino a scomparire e Kyusenbo regredisce fino a tornare una specie di bocciolo di loto che pulsa nelle profondità degli abissi.
La recensione di Storia di un kappa di Takashi Yoichi
Il kappa è un kami, cioè una divinità, uno spirito che alberga negli habitat umidi: il mare, i torrenti, i fiumi, gli stagni, i laghi, i fossi e perfino le risaie.
Alcuni lo chiamano il bambino dei fiumi per il suo aspetto bizzarro. E’ qualcosa che sta a metà tra il primate e l’anfibio, con un becco al posto del muso e qualcosa di ‘tartarughesco’ nel corpo.
Anche caratterialmente è ambiguo. E’ spesso dispettoso, perfino malvagio, ma placato con opportuni riti propiziatori o sconfitto con la forza, diventa buono e servizievole nei confronti dei lavoratori delle risaie.
Yoichi opera una profonda trasformazione della figura tradizionale del kappa, epurandola delle valenze negative e mettendone in evidenza solo gli aspetti positivi: la generosità, la compassione e il coraggio.
Riposa altri mille anni, caro Kyusenbo. Ma io ti aspetto e tu ritorna, perché l’umanità ha bisogno di te.
Storia di un kappa di Takashi Yoichi è edito da Casadeilibri.
La scheda editoriale
- Titolo: Storia di un kappa
- Autore: Takashi Yoichi
- Casa editrice: Casadeilibri
- Età di lettura: dai 9 anni
- Consigli di lettura: Per chi vuole scoprire di è il kappa, un personaggio mitico dell’immaginario nipponico