In alcuni periodi della mia vita sono stata una ragazza sovrappeso. Attorno ai 20-23 anni ho sfiorato i 67 kili per 158 cm di bassezza e il mio aspetto mi provocava grande disagio. Volevo dimagrire per essere come le altre, sì, ma la mia golosità e la mia pigrizia non collaboravano.
In quel periodo, quasi tutte le settimane, andavo dal mio medico di base di allora per cercare di avere la prescrizione degli anoressizzanti, la via più breve e meno faticosa per raggiungere il risultato. Ma il dottor Casarini era un medico-filosofo.
Ogni volta mi accoglieva e mi lasciava supplicare, piangere, strillare, pregare in greco, contorcermi per 2-3 minuti, guardandomi in silenzio a braccia conserte. Quando riteneva giunta l’ora che io finissi il mio show, si alzava, mi prendeva sottobraccio, mi riaccompagnava alla porta dicendomi solo queste parole: “Da Auschwitz non è uscito grasso nessuno. Arrivederci.”
Vi racconto questo aneddoto perché ieri mi ha fatto riflettere sulla differenza che c’è tra “ricordo” e “memoria”.
Quello che vi ho raccontato è un ricordo privato legato alla parola Auschwitz. E’ qualcosa che riaffiora nella mia mente una volta l’anno, in occasione della Giornata della memoria. E’ qualcosa di momentaneo, di sfuggente. Passa per la mia testa per un attimo e poi svanisce via. Mi lascia un’emozione, certo. Poi basta. Poi vola via.
La memoria è qualcosa di più. E’ certamente un ricordo di quello che è accaduto nel passato, ma è un ricordo che ci chiede di non essere lasciato andar via. E’ un ricordo che ci chiede di restare con noi e ci spinge a fare qualcosa, a impegnarci perché il passato non ritorni.
Secondo me, qui sta il senso per capire cos’è una giornata della memoria e perché vada commemorata.
Auschwitz di Francesco Guccini illustrato da Serena Viola è il libro che ho scelto quest’anno per ricordare il Giorno della Memoria, la ricorrenza celebrata il 27 gennaio di ogni anno come giornata per commemorare le vittime della Shoah. Auschwitz è uscito nel 2020, edito dalla casa editrice Lapis nella collana Versi diversi, e l’ho scelto per vari motivi.
Per rendere omaggio a un grandissimo cantautore italiano, un poeta, certamente. Poi per il titolo della canzone e del libro: Auschwitz, una parola che incute dolore, sofferenza, morte e che evoca l’olocausto in modo così vero. Ma soprattutto l’ho scelto per la persona che parla: un bambino. Un bambino come i nostri, un bambino come lo siamo stati noi, con gli stessi sogni, gli stessi bisogni, la stessa voglia di vivere. Ma con l’unica differenza che lui è passato per un camino e di lui rimane solo la voce portata dal vento.
Durante la Shoa milioni di uomini, donne e bambini hanno subito odio, tradimenti, persecuzioni, umiliazioni, vessazioni. Sono stati spogliati di tutto, compresa la loro dignità di esseri umani. La maggior parte di loro c’ha rimesso la vita.
Non basta ricordarli. Dobbiamo coltivare la loro memoria, cioè ricordare quello che successo loro per fare in modo che non accada mai più a nessuno.
Ecco io credo che questo albo illustrato aiuti i nostri figli ad avere “memoria” dell’olocausto, e non un semplice ricordo.
Il testo di Auschwitz di Francesco Guccini
Son morto con altri cento
Son morto ch’ero bambino
Passato per il camino
E adesso sono nel vento
Adesso sono nel vento
Ad Auschwitz c’era la neve
Il fumo saliva lento
Nel freddo giorno d’inverno
E adesso sono nel vento
Adesso sono nel vento
Ad Auschwitz tante persone
Ma un solo grande silenzio
È strano, non riesco ancora
A sorridere qui nel vento
A sorridere qui nel vento
Io chiedo come può un uomo
Uccidere un suo fratello
Eppure siamo a milioni
In polvere qui nel vento
In polvere qui nel vento
Ancora tuona il cannone
Ancora non è contento
Di sangue, la belva umana
E ancora ci porta il vento
E ancora ci porta il vento
Io chiedo quando sarà
Che l’uomo potrà imparare
A vivere senza ammazzare
E il vento si poserà
E il vento si poserà
Io chiedo quando sarà
Che l’uomo potrà imparare
A vivere senza ammazzare
E il vento si poserà
E il vento si poserà
E il vento si poserà
La recensione di “Auschwitz” di Francesco Guccini
La prima strofa della canzone ci mette davanti al fatto compiuto: ad Auschwitz non uno, ma cento bambini (per dire un numero molto grande) sono morti in una condizione innaturale: sono passati per un camino e ora si trovano nel vento.
L’illustratrice sceglie di trasporre queste parole in doppia pagina. A sinistra ci mostra la quotidianità dei bambini prima della deportazione con una tavola coloratissima, in cui brilla un grande sole e il cielo è azzurro. Perfino i vagoni del treno sono colorati, perché i bambini che vi viaggiano ancora non sanno quale sarà il loro destino. Nella pagina di destra, invece, la nuova condizione di internati viene resa in tutta la sua drammaticità: una locomotiva nera con incisa la stella gialla con cui venivano contraddistinti gli ebrei e i primi vagoni si avviano verso il nero assoluto.
Nella seconda strofa il bambino contestualizza l’olocausto e dice al lettore dove e quando è successo che i bambini sono passati dal camino: ad Auschwitz, in inverno.
La terza strofa è il collegamento tra la prima parte della canzone e la seconda metà. Il bimbo morto ha un solo ricordo di Auschwitz: il grande silenzio che regnava nel campo di concentramento, nonostante la presenza di tante persone. Sebbene sia passato tanto tempo dalla sua morte (il brano uscì nel ’67, quindi erano passati 22 anni dalla liberazione dei campi di sterminio da parte degli alleati) il piccolo non ha ritrovato il sorriso.
Anche in questo caso la tavola illustrata da Serena Viola è davvero evocativa: il cielo azzurro solcato da nuvole portate dal vento è ancora sporcato di nero.
Nella parte centrale della canzone il bambino si chiede, ingenuamente, il perché di quella strage di milioni di persone. Come è possibile che un uomo arrivi a uccidere suo fratello?
Ancora una volta una doppia pagina. A sinistra il mondo di prima, colorato, in cui i bambini giocano del tutto inconsapevolmente a girotondo. Nella tavola di destra una lunga mano nera si allunga in modo inquietante verso quei bambini innocenti e il lettore sa già come andrà a finire.
Le ultime strofe sono quasi un grido di dolore e disperazione contro la vera belva del creato, l’uomo, che assetato di sangue continua a commettere scelleratezze ogni giorno.
Il testo si chiude con la speranza del bambino che l’uomo prima o poi possa redimersi. Solo allora il vento si poserà, finalmente in pace.
La scheda editoriale
- Titolo: Auschwitz
- Autore: Francesco Guccini
- Illustratrice: Serena Viola
- Casa editrice: Lapis
- Età di lettura: Da 7 anni
- Consigli di lettura: Un albo da comprare, leggere o rileggere per alimentare la memoria di ciò che è stato nei nostri bambini
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