Bazar di Francesco D’Adamo è un libro che ha un po’ di anni sulle spalle e di cui in giro per la rete non si parla più tanto. Vale però ancora la pena di leggerlo e farlo leggere, intanto perché è un libro corto e divertente, poi perché è tutto un susseguirsi di partite di futbol, avventure con gli amici di strada, famiglie sgangherate, chador, minigonne, magutt e botte da orbi!

Il tutto, in salsa multietnica.

bazar
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Il riassunto di “Bazar” di Francesco D’Adamo

Il vero protagonista di Bazar è una zona degradata all’estrema periferia di Milano, cresciuta in modo caotico e disordinato, più che per piano regolatore, a colpi di speculazioni edilizie.

Vuoi per i prezzi bassi degli alloggi, vuoi per la vicinanza a una raffineria che richiama manodopera non specializzata, a Bazar convivono 52 etnie diverse, frutto di successive ondate migratorie, ognuna con i propri riti, i propri usi e costumi, i propri colori e sapori.

I soldi scarseggiano e le istituzioni latitano; in compenso le idee non mancano, soprattutto agli abitanti più giovani. Il sogno nel cassetto di Diego Armando Falcao  – 13enne promessa del calcio, di padre napoletano e mamma argentina – è quello di organizzare un torneo di calcio multietnico: il Mundialito.

Ci sono però due problemi da risolvere, perché a Bazar nulla è facile e immediato.

Il primo è trovare un terreno di gioco. Nessuno pretende un campo da calcio effettivo, con tanto di spogliatoi, panchine e tutto il resto, ma non è nemmeno pensabile giocare per strada, con macchine che sfrecciano e camion che strombazzano.

Basterebbe uno spiazzo, come ad esempio la X-zone. Il fatto è che la X-zone è occupata abusivamente da Crazy Dog, il boss del quartiere, e utilizzarla non è semplice, dato che è circondata da un’alta palizzata con tanto di filo spinato elettrificato, cani spaventosi e affamati a fare la guardia, cobra e scorpioni in agguato tra erbacce e ortiche.

Fosse per Diego Armando il sogno se ne rimarrebbe chiuso nel cassetto. Ma Fatima Aziz – esempio emblematico di perfetto melting pot culturale, con chador integrale sopra e minigonna sotto – non manca di sottolineare quanto l’area sarebbe adatta allo svolgimento del Mundialito e come potrebbe, in seguito, diventare un luogo di ritrovo permanente per tutti gli abitanti del quartiere.

Si tratta, insomma, di scegliere da che parte stare: se abbassare la testa ai soprusi e alle ingiustizie, o piuttosto fare qualcosa per cambiare la situazione.

Non è più tempo di stare a guardare. Ed è così che al seguito di Fatima – che alla X-zone c’è già stata ed è amica dei cani di guardia – e approfittando dell’assenza di Crazy Dog per le vacanze estive, Diego Armando e i suoi amici – Ivan, Ciotti e De Niro – procedono all’esproprio!

Rimane da risolvere il secondo problema: la composizione delle squadre. Nel corso degli anni, infatti, gli abitanti del quartiere si sono mescolati tra di loro indipendentemente dall’etnia di appartenenza. Come stabilire in che nazionale deve giocare un ragazzo di padre russo e mamma cinese, nonna africana e nonno di Bressanone? La soluzione proposta dalla prof. Maria Giovanna, detta Marijuana, è geniale: ognuno può iscriversi alla squadra che preferisce.

Tolti di mezzo i problemi, è tutto pronto per iniziare il Mundialito! Ma ecco che Crazy Dog torna dalle ferie e, senza troppi complimenti, riprende il controllo della X-zone.

Il torneo sembra irrimediabilmente compromesso e, ancora peggio, sembra svanire il sogno di un luogo di aggregazione giovanile nel quartiere.

La soluzione sta ancora una volta all’interno di Bazar, e risiede nei magutt, i manovali locali, che parlano quasi esclusivamente il dialetto bergamasco, mangiano polenta, bevono caffè corretti col vino, si costruiscono le case da sé, in un trambusto di muri che si alzano e si abbattono nell’arco di una notte, bagni piastrellati più e più volte, garage tirati su nell’arco di una domenica mattina.

Nonostante per anni e anni abbiano orgogliosamente rifiutato di mescolarsi agli altri e difeso la loro italianità, al termine di una complessa trattativa in cui il padre di Diego Armando Falcao rinnega il Napoli per tifare Atalanta, alla fine anche i magutt decidono da che parte stare. Che non è quella degli italiani o degli immigrati, ma che è quella della gente onesta, solidale, aperta agli altri, che vede nella varietà una possibilità di arricchimento, e nel sopruso una sconfitta per tutti.

Così, in due e due quattro, la villa di Crazy Dog è smantellata, caricata su un camion e portata via, lontano da Bazar, che ora può avere il suo Mundialito e il suo spazio di aggregazione multietnico.

La recensione di “Bazar” di Francesco D’Adamo

Bazar è un inno alla multiculturalità, che è un valore che va difeso e coltivato. In questi anni in cui le periferie delle grandi e medie città sono state spesso abbandonate a se stesse, con tutto ciò che ne consegue – spaccio, degrado urbano, furti – la multiculturalità è la risorsa da cui ripartire per ricostruire il tessuto sociale e culturale.

Vi lascio al video in cui Francesco D’Adamo parla del tema delle periferie italiane e non in questa intervista rilasciata a Antenna 2 TV.

La scheda editoriale

  • Titolo: “Bazar”
  • Autore: Francesco D’Adamo
  • Casa editrice: EL
  • Età di lettura: dagli 11 anni
  • Consiglio di lettura: a chi abita nelle periferie delle grandi città e non si arrende al degrado

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