Credo che il compito di una biblioteca storica sia anche quello di parlare delle tradizioni locali attraverso il proprio patrimonio.

Il 17 gennaio cadeva la ricorrenza di Sant’Antonio Abate, noto anche con gli appellativi di sant’Antonio il Grande, sant’Antonio d’Egitto, sant’Antonio del Fuoco, sant’Antonio del Deserto, sant’Antonio l’Anacoreta e Sant’Antonio del Porcello.

E’ un santo caro agli emiliani e carissimo ai bolognesi che lo chiamavano bonariamente “Sant’Antòni dal ninén” (nome dialettale del maiale) per distinguerlo da Sant’Antonio da Padova. Sulla pagina Facebook della BUB – Biblioteca Universitaria di Bologna, la biblioteca in cui lavoro, ho approfittato della ricorrenza per parlare di un nostro manoscritto, saldando culto del santo e storia locale.

Ma chi era Sant’Antonio Abate?

La vita di Sant’Antonio Abate

L’agiografia di Sant’Antonio Abate (cioè la storia della sua vita) scritta da Attanasio di Alessandria, non ci dice tanto. Figlio di agiati agricoltori cristiani, nacque nel 251 d.C. a Coma, l’odierna Qumans. Rimasto orfano prima dei 20 anni, vendette tutti i suoi beni per vivere una vita solitaria nel deserto, dedita alla preghiera e consacrata alla povertà e alla castità.

Nel deserto Antonio fu ripetutamente tormentato dal demonio, che per farlo desistere dai suoi propositi gli si manifestava in apparizioni seducenti o lo terrorizzava sotto forma di leoni, serpenti e scorpioni.

Coperto solo da un ruvido panno, Antonio si chiuse allora prima in una tomba scavata nella roccia nei pressi del villaggio di Coma e successivamente in fortezza romana abbandonata nei pressi di una fonte di acqua. Attanasio dice che rimase in questo luogo per 20 anni, nutrendosi solo con il pane che gli veniva calato due volte all’anno.

Sconfitto il demonio, le persone che nel frattempo si erano radunate attorno al fortino lo liberarono e Antonio fondò due cenobi monastici e si dedicò a guarire i sofferenti e a liberare i posseduti dal demonio.

Visse i suoi ultimi anni nel deserto della Tebaide, pregando e coltivando un piccolo orto per il proprio sostentamento.

Morì all’età di 105 anni e le sue spoglie vennero sepolte dai discepoli in un luogo segreto. Era il 356.

Sant’Antonio Abate per immagini

Dal ms.1138, un manoscritto membranaceo del XV secolo conservato nella Biblioteca universitaria di Bologna, abbiamo tratto questa immagine per raccontare sulla pagina Facebook della biblioteca la storia di Sant’Antonio e legarla a quella del nostro territorio.

Sant’Antonio Abate in BUB, Ms.1138

Antonio è raffigurato insieme a un maiale (o piuttosto un cinghiale), che è compagno inseparabile del santo in tutte le sue rappresentazioni.

Dal XIII secolo, l’ordine monastico degli Ospedalieri Antoniani diffuse la leggenda del santo ormai avanti con gli anni che si sposta di villaggio in villaggio scuotendo un campanello in compagnia di un maiale.

La tradizione narra infatti che Sant’Antonio sconfisse il demonio e che da allora il maligno fosse condannato a seguirlo ovunque nelle sembianze di un maiale. Secondo la tradizione, inoltre, il grasso del maiale era un antidoto contro l’herpes zoster, noto come “Fuoco di Sant’Antonio” (anche esso presente nell’immagine ai piedi del santo).

Sant’Antonio Abate è il protettore di tutti gli animali domestici e della stalla, ragion per cui il suo culto era particolarmente diffuso nelle nostre zone.

Nelle nostre campagne era diffusa la credenza che la notte tra il 16 e il 17 gennaio gli animali potessero parlare, preannunciando eventi futuri riguardanti i loro padroni.

Sulla porta della stalla era appesa una raffigurazione del santo a protezione delle bestie.

Il giorno del santo, il curato passava di stalla in stalla a benedire il bestiame e agli animali era dato un pane benedetto, in grado di proteggerne la salute per tutto l’anno. Altro pane veniva benedetto sul momento e conservato dai contadini nel caso in cui gli animali si ammalassero nel corso dell’anno.

L’immagine del santo è stata il pretesto per ricordare anche alcuni detti e modi di dire dialettali che hanno come protagonista il santo e che si potrebbero sentire dire dagli anziani del luogo.

Si tratta di “Sant Antòni al s inamuré int un ninén” che può essere tradotto in “Sant’Antonio si innamorò di un maiale” per dire che l’amore è cieco. E anche di “Tròpa grazia Sant Antòni!” per ringraziare dell’abbondanza inaspettata.