Fino a quando la mia stella brillerà è un libro per ragazzi scritto da Daniela Palumbo che raccoglie il racconto di Liliana Segre sulla sua esperienza di deportata nel campo di concentramento di Auschwitz-Birkenau tra il gennaio 1944 e il maggio 1945.
Chi è Liliana Segre? Nata a Milano nel 1930, appena tredicenne, fu deportata insieme al padre e ai nonni paterni ad Auschwitz, da dove fu l’unica della sua famiglia a uscire viva. Liliana decise di raccontare il suo vissuto solo molti anni dopo la liberazione. Per molti anni portò dentro di sé un peso enorme che non le permetteva di essere serena e la portava a ripiegarsi in se stessa.
Era molto difficile per i miei parenti convivere con un animale ferito come ero io: una ragazzina reduce dall’inferno, dalla quale si pretendeva docilità e rassegnazione. Imparai ben presto a tenere per me i miei ricordi tragici e la mia profonda tristezza. Nessuno mi capiva, ero io che dovevo adeguarmi ad un mondo che voleva dimenticare gli eventi dolorosi appena passati, che voleva ricominciare, avido di divertimenti e spensieratezza.
A partire dal 1990 si è dedicata alla divulgazione della sua storia nelle scuole, tra le ragazze e i ragazzi, ed è diventata una delle più lucide e ferme testimoni dell’Olocausto. Nel 2018 il presidente Mattarella l’ha nominata senatrice a vita “per aver illustrato la Patria con altissimi meriti nel campo sociale”.
Daniela Palumbo è giornalista e scrittrice, lavora per vari editori, come Edizioni Paoline e Mondadori, e predilige narrazioni
incentrate sulla Storia e i temi sociali.
Il riassunto di “Fino a quando la mia stella brillerà”
Il libro racconta la storia della vita di Liliana Segre dalla nascita fino all’anno in cui ha deciso di essere testimone della Shoah. Il racconto, in prima persona, è diviso in tre parti.
La prima è intitolata “Il papà e la bambina” e narra l’infanzia felice di Liliana nella bella casa milanese. Nata in una famiglia di ascendenza ebraica, Liliana perde la mamma Lucia quando non ha nemmeno un anno. Nonostante questa terribile perdita, è una bambina molto amata e circondata da persone che si prendono cura di lei, soprattutto il padre Alberto, con il quale Liliana ha un rapporto speciale, intenso, commovente. Altre figure importantissime sono i nonni paterni, Olga e Giuseppe Segre, che lei chiama Peppe. In casa, vivono anche la cameriera Susanna e la balia Caterina, che si è presa cura di Liliana al momento della morte della madre.
In questo contesto familiare sereno, nonostante il gravissimo lutto, Liliana forgia la sua personalità e il suo carattere – allegra, volitiva, testarda, con tanti interessi e comunicativa – che avranno un ruolo decisivo nella sopravvivenza ai mesi di internamento.
Di famiglia laica, Liliana non ha la consapevolezza del suo essere ebrea fino alla promulgazione delle leggi razziali del 1938, l’anno in cui tutto cambia. Il racconto dei fatti drammatici che seguirono copre la seconda parte del libro, che si intitola “Cambia tutto”.
Le leggi razziali cancellarono i diritti degli ebrei, escludendoli dalla vita civile, economica e politica del paese. Nel libro, Liliana racconta in che modo queste leggi sconvolsero la sua vita e quella della sua famiglia.
La prima di queste fu l’espulsione dalla scuola pubblica.
Sentivo che papà cercava un modo per spiegarmelo che non mi facesse restare male, ma io andavo volentieri a scuola, e lui sapeva che avrei sofferto di questo allontanamento. C’erano le compagne di classe che vedevo anche fuori dalla scuola, ai giardini, oppure alle feste di compleanno; mi dispiaceva anche lasciare la maestra, si chiamava Cesarina, ero molto affezionata a lei.
Per Liliana l’espulsione dalla scuola segnò lo spartiacque tra il prima e il dopo.
Il prima della vita di Liliana bambina, allegra e serena. E il dopo di Liliana bambina ebrea, espulsa, poi esclusa, poi internata.
Da quel momento la persecuzione degli ebrei italiani si fece sempre più intensa, ma quello che feriva maggiormente Liliana era l’indifferenza generale.
Nel 1942 cominciarono i bombardamenti di Milano e il padre decise di trasferire la famiglia a Inverigo, in Brianza. Liliana cominciò una nuova vita: quella da sfollata. Con la caduta di Mussolini e l’armistizio, i nazisti presero il sopravvento in Italia e iniziò una persecuzione ancora più dura per gli ebrei. Una parola terribile iniziò a serpeggiare: SOLUZIONE FINALE. Iniziarono i rastrellamenti e le deportazioni nei campi di sterminio.
Nel dicembre del 1943 Alberto tentò di fuggire in Svizzera, insieme a Liliana e due lontani parenti, ma il tentativo fallì.
La terza parte del racconto, intitolata “Sempre con me”, narra della deportazione e della detenzione ad Auschwitz.
Arrestati dopo il tentativo di riparare in Svizzera, Liliana e il padre vennero deportati su un treno al campo di concentramento di Auschwitz-Birkenau, che raggiunsero dopo sette giorni di viaggio.
Arrivata a destinazione, Liliana venne subito separata dal padre, che non rivide mai più e che morì il 27 aprile 1944. Il 18 maggio anche i suoi nonni paterni furono arrestati, deportati ad Auschwitz e uccisi nelle camere a gas il giorno dell’arrivo, il 30 giugno.
Liliana passò la selezione solo perché sembrava più grande dei suoi 13 anni. Tutti coloro che erano più piccoli venivano mandati subito nelle camere a gas. Le fu tatuato sul braccio il numero di matricola e poi fu mandata ai lavori forzati nella fabbrica di munizioni Union, che apparteneva alla Siemens.
Durante l’internamento Liliana mise in atto diverse strategie per sopravvivere, perché il suo desiderio di sopravvivenza fu comunque sempre “fortissimo, selvaggio, primitivo”. Tra queste, il rifiuto di ascoltare le cose terribili che succedevano al campo e il ricordo dei momenti felici della sua infanzia. Ecco le sue parole:
Sognavo a occhi aperti […] immaginavo di correre su un prato che ricordavo, in mezzo ai fiori, al sole; mi raccontavo i film che avevo visto, i libri che avevo letto, le mie canzoni preferite, le commedie ascoltate alla radio con nonno Pippo. In questo modo non permettevo al cervello di vedere quello che accadeva davanti a me. […] Avevo un mondo di fantasia e di ricordi che mi trascinavano lontano da lì. Ritornavo con la mente a una festa con le amiche, a una vacanza, a una gita in campagna…
Tutto tranne i parenti, il cui ricordo era troppo penoso.
Anche una stellina che appariva in cielo ogni sera le dava la forza di andare avanti, il coraggio per non lasciarsi andare. Ecco il brano in cui ne parla:
Alla fine della giornata il mio mondo di fantasia, al quale mi aggrappavo per “fuggire” dal campo, era diventata una piccola stella che vedevo in cielo. Sempre la stessa […] Da quella sera, ogni giorno quando arrivava il buio la cercavo, le parlavo. […] Vedendola, dentro di me le dicevo: «Finché io sarò viva, tu, stellina, continuerai a brillare nel cielo. Stai tranquilla, io non morirò. Io sarò sempre con te.»
Ad Auschwitz Liliana superò la selezione per tre volte. Ciò significò continuare a vivere ma anche continuare a vedere le aberrazioni della follia nazista. Alla metà di gennaio del 1945 i nazisti fecero saltare il campo, perché i russi si stavano avvicinando. Liliana e altri internati vennero spostati a Malchow. Finalmente il 1 maggio 1945 gli americano la liberarono e Liliana potè tornare a Milano.
Gli ultimi capitoli del libro sono dedicati al racconto del tentativo di ricominciare una nuova vita, insieme ai nonni materni e agli zii fuggiti per tempo in montagna e nascosti dentro un convento. Nulla della sua vita precedente era sopravvissuto: non la casa in Corso Magenta, non i nonni paterni, non l’amato padre.
Liliana era sempre di cattivo umore, scontrosa, bulimica. Il passato del lager condizionava il suo presente. Il mondo nuovo nel quale si ritrovò le era estraneo.
Le cose migliorarono col passare del tempo. La ripresa degli studi, l’incontro col futuro marito Alfredo, il matrimonio e la maternità le diedero un’apparenza di vita “normale” ma fu solo quando nel 1990 decise di diventare testimonianza vivente dell’Olocausto che Liliana riuscì davvero a dare un senso alla sua storia personale.
La recensione di “Fino a quando la mia stella brillerà”
Avevo tredici anni, anche io avevo molta paura, ma in quei momenti ancora non credevo che potesse esistere un luogo come Auschwitz.
Se siete arrivati a leggere fin qui, avrete ormai capito che il tema centrale del libro è quello dell’Olocausto o Shoah, affrontato in prima persona da chi quei momenti li ha vissuti sulla propria pelle. La Segre ripercorre gli eventi personali e storici che l’hanno portato a vivere questo dramma, narrando in ordine cronologico le vicende che lei e i suoi parenti hanno vissuto: dall’infanzia felice nella Milano degli anni Trenta, alla promulgazione delle leggi razziali del ’38, alla esclusione degli ebrei dalla società civile, fino alla loro deportazione nei campi di concentramento e poi alla liberazione.
Il suo è, quindi, un racconto autobiografico e storico allo stesso tempo, che riesce a coinvolgere i giovani, perché è facile immedesimarsi nella Liliana bambina e poi adolescente. La prima parte del libro cala Liliana in una quotidianità che tutti i ragazzi possono riconoscere: la vita familiare, i giochi, la scuola, le amiche. Nella seconda parte del libro, questa normalità si sgretola sotto i colpi della Storia. Le leggi razziali non solo privano gli ebrei dei diritti civili ma dissolvono la rete delle loro relazioni. Gli ebrei sono prima esclusi dalla vita sociale, poi depredati dei loro beni, poi deportati, in attesa della SOLUZIONE FINALE. Nell’indifferenza più totale.
Il tema delle relazioni e degli affetti è altrettanto centrale: l’amore e la cura che Liliana riceve da piccola si trasformano in bei ricordi e le danno la forza di continuare a sognare anche nei momenti orribili trascorsi nel campo di concentramento. Ma anche il carattere di Liliana si rivela fondamentale per la sua sopravvivenza.
Infine, la terza parte del racconto ci mostra quanto grande e spaventoso fu il trauma di coloro che sopravvissero ai campi di sterminio. Per anni Liliana non riuscì a elaborare il dolore per la perdita del padre e dei nonni paterni, né a superare ciò che aveva vissuto. La strada della presa di coscienza è stata lunga e difficile, costellata da emozioni negative e processi di rimozione.
Le foto che accompagnano il libro sono bellissime e rendono ancora più viva la narrazione. Sono tratte dagli album di famiglia che sopravvissero alle requisizioni e alla depredazioni dei beni subite dai Segre. Liliana li conserva come il tesoro più prezioso, perché sono le uniche tracce di una famiglia che non c’è più.
La scheda editoriale
- Titolo: Fino a quando la mia stella brillerà
- Autrici: Liliana Segre e Daniela Palumbo
- Introduzione: Ferruccio De Bortoli
- Casa editrice: Piemme, Il Battello a Vapore
- Età di lettura: dagli 11 anni
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è molto bello questo libro, parla di temi molto importanti, ammiro come Liliana grazie alla forza che le dava il padre sia riuscita a uscire viva dai campi di sterminio e che abbia avuto il coraggio di parlarne e addirittura scrivere un libro su ciò che le è successo.
La frase che mi ha colpito di più è: “donne a destra uomini a sinistra, poi non lo vidi più”
Questo libro mi è piaciuto molto perché spiega com’era la vita durante l’olocausto e la vita di Liliana Segre che passa da essere molto tranquilla a una vita molto triste e piena di sofferenza.
L’ho trovato molto interessante e che gli argomenti che porta siano molto importanti da apprendere e conoscere.
a me questo libro è piaciuto davvero tantissimo perché parla di una ragazza ebrea sopravvissuta al campo di concentramento ed è molto coraggiosa e consiglio la lettura di questo libro.
questo libro mi è piaciuto molto. Liliana ha raccontato il suo passato molto bene, è stata attenta a tutti i ricordi.
consiglio molto questo libro.
Questo libro è un libro che cattura, da cui è impossibile staccarsi tanto che è interessante. La storia parla della vita di Liliana (e anche di tutti gli ebrei del tempo in quella situazione) andando a trasmettere almeno in parte le sensazioni di chi pativa queste sofferenze. Libro fantastico.
Questo libro lo consiglio a tutti visto che tratta un argomento serio attraverso una lettura scorrevole e non pesante. Penso che questo testo sia stato scritto molto bene e che la narrazione in prima persona renda tutto più vero, come se si fosse stati insieme a Liliana e la sua famiglia in quel periodo orribile.
questo libro mi è piaciuto molto,sia dal punto di vista ortografico ma anche dal punto di vista significativo.
Ne consiglio pienamente la lettura
Questo libro parla degli avvenimenti della 2 guerra mondiale visti dal punto di vista di una ragazza, Liliana. Fin dall’inizio del libro si capisce che Liliana è destinata ad avere un futuro turbolento poiché ha una colpa: quella di essere nata ebrea. Consiglierei questo libro a tutti poiché descrive in modo dettagliato, le crudeltà della guerra
Mi è piaciuto tantissimo perché ho capito quanto sia importante non dimenticare quello che è successo in passato in modo che non si ripeti in futuro.
E’ un libro scritto veramente bene e mi ha fatto capire che anche quando ci sembra che tutto sia finito, c’è sempre una speranza.
Liliana Segre è una donna grandiosa che non ha mai smesso di lottare e che non si stancherà mai di raccontare la sua storia.
Secondo me questo libro è molto bello e molto toccante, soprattutto perché è una testimonianza reale. Aiuta a capire le condizioni orribili degli ebrei nei campi di concentramento. Il messaggio è molto bello perché insegna a non mollare mai come ha fatto Liliana, per questo la ammiro molto.
Molto bello il libro ma allo stesso tempo fa riflettere parecchio su ciò che è stato riguardo alla tragedia dell’olocausto. Ho ammirato come Liliana, nonostante tutti i problemi che ha subito, si è poi rialzata e ha incominciato a “vivere”.
Questo libro è una vera e propria testimonianza del periodo innaturale che gli ebrei vissero, senza una colpa. La storia di Liliana mi ha commossa, come la sua vita passa da serena e tranquilla a atroce e difficile.
non ci sono parole per descrivere l’atrocità dell’olocausto. Questo libro è una grande testimonianza di un’ebrea sopravvissuta alla deportazione e al campo di concentramento, è molto importante per non dimenticare.
Per me questo libro è stato molto bello e mi ha fatto capire ancora meglio in che condizioni disumane gli ebrei erano costretti a stare, ne consiglio la lettura
Il libro mi è piaciuto perchè fa capire quanto sia stato orribile l’olocausto, Liliana è stata una ragazza davvero forte e coraggiosa