Il nome della rosa è il fumetto di Milo Manara uscito nel 2023 per la casa editrice Oblomov, al quale Umberto Eco ha collaborato attivamente, tanto da esserne considerato coautore. Come è possibile, se il prof è morto nel 2016?

In un’intervista concessa a Artribune Manara ha dichiarato che il romanzo e gli schizzi preparatori disegnati da Eco sono stati il suo unico riferimento e le uniche fonti. Come dire che tutte le parole presenti nel romanzo sono esattamente quelle del fumetto (anche se Manara ha dovuto ovviamente fare i tagli) e che i disegni preparatori di Eco sono stati il punto di partenza delle tavole.

Manara ha firmato, insomma, un bellissimo adattamento a fumetti di Il nome della rosa, non discostandosi dal registro dell’opera originale.

A questa doppia figliazione – di parole e immagini – se ne aggiunge una terza. Il fumetto è edito da Oblomov, la casa editrice figlia di La Nave di Teseo, la casa editrice fondata proprio da Umberto Eco nel 2015.

Potremmo continuare a osservare l’ombra di Eco che si allunga sul fumetto. Fu proprio la Nave di Teseo, un anno fa, ad annunciare la stesura in corso d’opera del libro. E sono stati i figli di Umberto Eco a volere una trasposizione a fumetti del romanzo iconico del padre.

Il nome della rosa di Manara è, quindi, una trasposizione fedele del romanzo originale, ma così fedele che sembra scritta a 4 mani.

Ce la ricordiamo la storia del capolavoro e bestseller che vinse il Premio Strega nel lontano 1981? Al centro della vicenda ci sono frate Guglielmo da Baskerville, il novizio Adso e i monaci di un convento teatro di efferati delitti e misteri.

Se volete conoscere la trama nei dettagli, continuate a leggere…

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Riassunto de Il nome della rosa, vol. 1

Il fumetto inizia con il classico espediente letterario di un antico manoscritto ritrovato, opera del monaco Adso da Melk, che, divenuto ormai anziano, decide di scrivere i fatti notevolissimi vissuti molti decenni addietro, quando era novizio benedettino e viaggiava in compagnia del maestro, il francescano Guglielmo da Baskerville.

Il suo nome deriva dal verbo latino adsum, cioè “esserci, essere presente, testimoniare” che è esattamente ciò che fa nel corso della storia.

Sul finire dell’anno 1322, Guglielmo e Adso si recano in un’abbazia benedettina delle Alpi piemontesi sede di un convegno tra monaci i francescani (sostenitori della necessità di riforma della Chiesa) e i delegati della curia papale di Papa Giovanni XXII, insediata a quei tempi ad Avignone.

Guglielmo dovrebbe partecipare al convegno ma l’abate Abbone, preoccupato che l’inspiegabile morte del maestro miniatore Adelmo da Otranto durante una bufera di neve possa avere una ricaduta negativa sull’abbazia, gli chiede di far luce sul tragico evento, confidando nelle sue capacità inquisitorie e deduttive.

Nei giorni successivi, scanditi dai ritmi della vita monastica, Guglielmo e Adso esplorano l’abbazia e soprattutto la biblioteca e parlano con i confratelli spaventati da numerose credenze a proposito della venuta dell’Anticristo. Particolarmente il vecchissimo Jorge da Burgos è certo che quelli sono gli ultimi sette giorni prima della venuta dell’Anticristo e ammonisce tutti i confratelli a non dissiparli in modo vano.

Un altro monaco viene trovato morto: è Venanzio da Salvemec, giovane monaco traduttore dal greco e dall’arabo, studioso di Aristotele e amico di Adelmo. Bencio da Upsala, il giovane monaco scandinavo che si occupa di retorica, è nervoso, mentre l’aiuto bibliotecario Berengario da Arundel sembra spaventato.

Dopo averlo interrogato, Guglielmo scopre che Berengario è sconvolto perché ha spinto alla morte Adelmo, facendogli fare qualcosa che non doveva. Poco a poco si convince che la causa delle morti è da cercare nella biblioteca a pianta ottagonale, vanto del monastero, costruita come un labirinto a cui hanno accesso solo il bibliotecario Malachia da Hildesheim e il suo aiutante.

Durante un sopralluogo notturno in biblioteca, Guglielmo trova un frammento di pergamena con delle scritte che non assomigliano a quelle di nessun alfabeto, ma qualcuno nell’ombra li ha seguiti e strappa di mano la pergamena e Guglielmo e gli rompe le lenti da vista.

Non sapendo come orientarsi, Guglielmo ed Adso riescono ad uscire dalla biblioteca solo grazie alla fortuna e si ritrovano nelle cucine. Qui fanno uno strano incontro. Nel monastero sono presenti anche due ex appartenenti alla setta dei dolciniani: il cellario Remigio da Varagine e il suo amico Salvatore, che parla una strana lingua che combina latino, spagnolo, italiano, francese e inglese.

Adso viene a conoscenza di una setta degli Apostoli, uno dei più rilevanti movimenti pauperistici che fiorirono fra la fine del Duecento e il Trecento. Fra’ Dolcino predicava la carità e la comunanza dei beni e delle donne. Per la sua forza scismatica il papa gli scatenò contro una vera e propria crociata. Dopo anni di resistenza e fughe e rifugi nascosti, Dolcino fu catturato, processato per eresia, e condannato al rogo.

Rientrando nella sua cella, Adso incontra una povera ragazza del luogo, che tiene tra le mani un fagotto insanguinato. Spaventata delle conseguenze del suo gesto, la giovane donna si denuda offrendosi ad Adso in cambio del suo silenzio…

Recensione de Il nome della rosa, vol. 1

Finisce qui la storia raccontata dalle tavole di Milo Manara. Siamo circa alla metà della storia narrata da Eco. Mentre scrivo è già in preparazione il vol. 2.

Cosa dire di questo vol. 1? Che le cose che mi hanno colpito sono state tantissime. La prima, la capacità di Manara di dare uno spessore psicologico ai personaggi della vicenda.

Guglielmo è un uomo coltissimo e pragmatico, esperto in vari campi del sapere (filosofia, teologia, politica, lingue, botanica, ecc.) ed estremamente curioso, cosa che nel Medioevo non era una qualità, perché un bravo monaco avrebbe dovuto trovare la risposta a tutte le domande nei testi sacri. Di lui si sa che è stato inquisitore, ma ha rinunciato all’incarico. Nutre un affetto quasi paterno per Adso da Melk, poco più che adolescente, novizio benedettino.

Adso è entusiasta di tutto, impulsivo ed emotivo, ha un grande desiderio di vedere, di imparare e di fare esperienze nuove. Instaura con Guglielmo il classico rapporto maestro-allievo / padre-figlio.

Questi tratti caratteriali si riflettono sui visi e le espressioni facciali dei personaggi, sui quali si è concentrata l’attenzione dell’artista.

Le ambientazioni che ospitano le scene sono a volte dense di particolari, come nel caso delle cucine, a volte pulite e quasi rarefatte, come nel caso della biblioteca.

Il ritratto del corpo femminile, da sempre soggetto prediletto di Manara, trova spazio nelle ultime pagine, nella scenda dell’incontro sensuale tra Adso e la ragazza del villaggio.

A prescindere dal valore in sé, il fumetto di Manara può avvicinare i ragazzi alla vicenda raccontata nel romanzo in modo decisamente semplice e immediato. A chi non se la sente di affrontare il libro, consiglio anche di vedere la versione cinematografica di Jean-Jacques Annaud del 1986, con Sean Connery e Christian Slater. Nel 2019 fu trasmessa una miniserie televisiva con John Turturro e Rupert Everett.

A chi invece si vuole cimentare nella lettura del romanzo originale ricordo che nel 2020 la casa editrice La Nave di Teseo ha pubblicato una versione del romanzo arricchita coi disegni e gli appunti preparatori di Umberto Eco.

Come sempre, buone letture…

La scheda tecnica

  • Titolo: Il nome della rosa. Vol. 1
  • Autori: Milo Manara e Umberto Eco
  • Casa editrice: Oblomov edizioni
  • Prima edizione: 2023
  • Età di lettura: young adults

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Se non vi ho ancora del tutto convinto, ecco alcune tavole tratte dall’edizione, per farvi un’idea.