Nei primi del Novecento il profondo nord americano non è un paese per ragazze preparate e anticonformiste. Ma quale luogo e quale epoca lo sono? “Una voce dal lago” di Jennifer Donnelly è un romanzo di formazione ad ambientazione storica. La protagonista, Mattie Gokey, è un’adolescente che vuole coltivare i suoi talenti e inseguire i suoi sogni e che deve fare i conti con la dura realtà del suo tempo.

Ve lo dico subito: la lettura non è semplice. “Una voce dal lago” è quello che si dice un romanzo di ampio respiro con una trama lineare nella quale si intrecciano le storie di tante donne, ognuna portatrice della propria storia. I personaggi sono tanti. Ognuno di essi gioca un ruolo all’interno della storia e tutti insieme svolgono la funzione di coro greco che raccoglie l’umore della città e lo esprime e commenta i desideri e le azioni della protagonista. Oltre a ciò, la storia di Mattie si svolge su due piani temporali diversi, in un continuo andirivieni tra passato e presente.

Come se non bastasse, a complicare le cose, c’è un mistero: il cadavere di una ragazza morta nel lago, forse annegata o forse no, che proprio la sera prima di morire aveva affidato a Mattie un plico di lettere, chiedendole di bruciarle.

Insomma, Una voce dal lago fa per voi se state cercando una storia densa, in biblico tra il romanzo di formazione, lo storico e il giallo, in cui la lingua la fa da padrona e che vi terrà incollati per più di 300 pagine.

Clicca sulla copertina per comprare il libro

Il riassunto di “Una voce dal lago”

1906, North Woods, nello stato di New York, al confine con il Canada.

Mattie ha sedici anni e vive con le sorelle e il padre in una fattoria di Eagle Bay, nei pressi del Quarto Lago.

La sua vita è durissima da quando la madre è morta. Come le ha promesso in punto di morte, tocca a lei farsi carico delle faccende domestiche e prendersi cura delle tre sorelle più piccole: Abby buona e generosa, dolce e sensibile, Lou la ribelle che soffre più di tutte il distacco affettivo e Beth, la più piccola, vivace e curiosa. Senza contare che Mattie deve aiutare il padre nel lavoro dei campi, da quando il fratello maggiore se n’è andato di casa.

Quando può, Mattie va a scuola. Lei e il suo migliore amico Weaver sono gli unici di Eagle Bay a frequentare la scuola a sedici anni, perché desiderano andare all’Università. Weaver andrà alla Columbia mentre Mattie ha vinto una borsa di studio per il Barnard College.

La maggior parte degli abitanti di Eagle Bay ha una mentalità semplice, legata alla terra e alla famiglia, e non dà valore all’istruzione e alla cultura. Al contrario, Mattie ha un amore viscerale per le parole e il loro uso e vuole diventare una scrittrice. Ogni giorno apre il vocabolario, prende una parola, e durante la giornata la impara, la utilizza in varie frasi per farla sua. Ama la letteratura, anche se non ha la possibilità di comprare libri e li prende in prestito dal barcaiolo che vende i prodotti sul lago. Inoltre, ha un quaderno pieno di racconti.

La sua insegnante, la signorina Wilcox, la sostiene e incoraggia la sua passione, perché è convinta che Mattie abbia per le parole un autentico dono, purtroppo incompreso. Insieme parlano spesso del senso della letteratura e del fatto che Jane Austen, secondo Mattie, menta, perché esistono due tipi di romanzi:

I primi ti mostrano la vita come tu la vuoi vedere, con i cattivi che vengono puniti per le loro malefatte e l’eroe che si rende conto di quanto sia stato stupido e sposa l’eroina e tutto è bene quel che finisce bene. Come Ragione e Sentimento e Persuasione. I secondi, invece, mostrano la vita come realmente è. Per esempio in Huckleberry Finn, dove il papà di Huck è un ubriacone buono a nulla e Jim soffre veramente. I primi ti fanno sentire allegro e soddisfatto, ma sono i secondi a scuoterti.

Come fare quindi per raggiungere New York e comprare tutto ciò che serve per frequentare il college? Nessuno sembra intenzionato a prestarle i soldi per il viaggio e i libri. Né la sorella di sua madre, zia Josie, che pure li avrebbe ma è avara e insensibile. Né lo zio Fifty, il fratello del padre che fa il boscaiolo e guadagna bene ma ha le mani bucate. Non il padre, che di soldi da spendere in istruzione non ne ha e non vuole darle nemmeno il permesso di partire.

Mattie allora prende in mano il suo destino e si fa assumere per la stagione estiva al Glenmore Hotel, insieme a Weaver e ad altre amiche. Spera di mettere da parte abbastanza denaro per partire in autunno.

Ma in quelle settimane si verificano alcune situazioni che sembrano allontanarla dall’obiettivo. Intanto c’è Royal, il figlio del proprietario terriero vicino alla fattoria, che la corteggia e la confonde e che, forse, la fa davvero innamorare. Poi c’è l’esempio della sua migliore amica, Minnie, che si è recentemente sposata con l’uomo che ama ed ha avuto due gemelli.

Mattie è combattuta, perché non sa a quale delle sue due anime dare ascolto: quella che vorrebbe realizzare il sogno di diventare scrittrice o quella che la lega alla sua terra, alla famiglia, a una vita semplice, fatta di consuetudini, seguendo il solco già tracciato dagli usi.

Mattie è anche una ragazza molto riflessiva e sa leggere e interpretare le situazioni. Non le sfugge il fatto che mentre lei ragiona di poesia, Royal parla esclusivamente e incessantemente di agricoltura. E nemmeno che Minnie, con la casa da seguire, i pranzi da preparare, i bambini da allattare e il marito da accontentare, non ha più tempo di leggere nemmeno una pagina.

E fu così che capii perché non si erano sposate. Emily, Jane e Louisa. Lo capii e ne fui spaventata. Perché sapevo anche cosa volesse dire sentirsi soli, e non volevo sentirmi sola per tutta la vita. Non volevo rinunciare alle parole. Non volevo essere costretta a scegliere tra l’una e l’altra; o scrittrice e sola, o moglie ma senza parole. Mark Twain non fu obbligato a scegliere. Neanche Charles Dickens. Né John Milton, anche se devo ammettere che se avesse scelto diversamente avrebbe reso la vita più facile a migliaia di studenti.

Tante voci dicono la loro, chi apertamente chi silenziosamente. Zia Josie sogna per lei un buon matrimonio, che le consenta di vivere una vita borghese, senza preoccupazioni materiali. Le sue coetanee darebbero chissà cosa per essere fidanzate a Royal Loomis.

Poi c’è quella voce dal lago che le parla. E’ quella di Grace Brown, una giovane ospite dell’hotel che viene ritrovata morta annegata e che, la sera prima di morire (o essere uccisa?), ha affidato a Mattie un pacco di lettere con la richiesta di distruggerle. Mattie non ne ha avuto il tempo materiale e quando le legge avrà altri elementi per prendere la decisione giusta per il suo futuro.

Mattie restituisce a Royal l’anello di fidanzamento e spartisce i soldi che ha guadagnato durante l’estate tra il padre, che potrà comprare il mulo, la vedova Emmie Hubbard per pagare i suoi debiti con le tasse in modo che non le venga portata via la proprietà e Weaver perché si paghi il viaggio alla Columbia e le prime spese.

Con i pochi soldi che le avanzano parte per New York dove verrà ospitata dalla sorella della signorina Wilcox. Dovrà trovarsi un lavoro per mantenersi gli studi. Ma intanto parte.

La recensione di “Una voce dal lago”

Leggendo la quarta di copertina di Una voce dal lago, ho pensato che la storia portante fossero le indagini di Mattie sulla morte di Grace, e che quindi il romanzo fosse una sorta di giallo o mistery ad ambientazione storica. In realtà la parte relativa a Grace riguarda più la lettura delle sue lettere segrete, che portano la protagonista a risolvere il delitto, ma che soprattutto la fanno riflettere sui suoi veri desideri.

Partendo da un fatto di cronaca realmente accaduto – l’omicidio di una ragazza a cui seguì uno dei più grandi scanali e processi del primo Novecento americano – la Donnelly ci racconta l’America razzista e conformista dei primi del Novecento, la condizione delle donne e il loro desiderio di emancipazione, il perdurare di cliché misogini nella società, dando la possibilità a chi legge di farsi delle domande importanti.

Il tema cardine è quello dell’emancipazione femminile, che passa per la cultura e l’indipendenza economica. Numerosi personaggi femminili, come abbiamo visto prima, portano ognuno un punto di vista diverso sul ruolo della donna nella società dell’epoca. Dalla donna che lavora per mantenere sé stessa e il figlio a quella costretta a prostituirsi per non perdere la casa. Da quella perfettamente adattata a una società benpensante e bigotta a quella che ha trovato un’indipendenza ma è costretta a vivere fuggendo dal marito che la rincorre per riportarla a casa. Tantissime sono le storie che si intrecciano e vanno seguite una ad una, perché ognuna costruisce un pezzo di consapevolezza in Mattie.

Insomma, tanti modi di essere che danno una visione a tutto tondo di quello che fu l’universo femminile nord americano dell’epoca, tra conformismo bigotto e tensioni rivoluzionarie.

La scheda editoriale

  • Titolo: Una voce dal lago
  • Titolo originale: A Northern Light
  • Autrice: Jennifer Donnelly
  • Casa editrice: Mondadori
  • Anno di pubblicazione: 2016
  • Età di lettura: dai 14 anni

A Northern Light fu stato pubblicato in lingua originale nel 2003. La prima edizione italiana fu quella della Mondadori del 2005 nella collana Junior Gaia, che proponeva romanzi adatti a ragazzi sui 12 anni. La lettura è densa e impegnativa, quindi lo ritengo più adatto a lettori dai 14 anni in su.

Nel 2016, dopo dieci anni dalla prima pubblicazione, è uscita la nuova edizione sempre di Mondadori negli Oscar Bestsellers. Se volete comprare il libro, è ancora in commercio e lo trovate ad esempio su Amazon https://amzn.to/3uJ3tW6. Se invece preferite leggerlo senza acquistarlo, vi rimando come sempre alla vostra biblioteca preferita!