Viki che voleva andare a scuola è un libro scritto da Fabrizio Gatti nel 2003 ed è edito da Rizzoli nella collana Narrativa Ragazzi.

Racconta la storia vera di un bambino albanese – Viki – che per settimane ha occupato le pagine del Giornale. Non poteva non colpire Gatti, che scrive per l’Espresso e ha condotto inchieste scomode che gli sono valse importanti premi internazionali di giornalismo.

Il libro è breve e scorrevole, ma narra una storia difficile che ci costringe a focalizzare un problema attualissimo di difficile soluzione: la storia di un bambino sradicato e sballottato non per sua scelta. Di un fato profugus, un Enea contemporaneo, immigrato clandestino non per sua volontà.

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Il riassunto di “Viki che voleva andare a scuola” di Fabrizio Gatti

Viki è un bambino albanese che viene in Italia insieme alla sorellina e alla mamma per raggiungere il papà, che da tempo lavora nel nostro paese come muratore.

Viki affronta il distacco dalla casa e la traversata dell’Adriatico pieno di attesa e speranze, perché crede a quello che vede in televisione, cioè che in Italia perfino i gatti mangiano in piatti d’argento! E naturalmente perché ha voglia di rivedere il suo papà.

Già durante la traversata, le illusioni lasciano posto alla paura e le speranze al senso di estraneità e precarietà.

Viki si accorgerà presto che in Italia i gatti sono trattati molto meglio degli immigrati. Nonostante il suo papà si guadagni da vivere onestamente, non ha il permesso di soggiorno e non può quindi comprare una casa, e neanche prenderla in affitto. Così vive in una baracca che si è costruito alla periferia di Milano.

Per Viki è uno shock affrontare i topi, il freddo, la promiscuità, la mancanza di igiene, gli odori nauseabondi che salgono dalla fogna che scorre lì vicino. Senza contare la paura di  essere scoperti dalla polizia ed espulsi, rimandati in Albania.

Eppure Viki sopporta tutto, perché ha un obiettivo: desidera a tutti i costi studiare. E lo desiderano anche i suoi genitori. L’integrazione passa necessariamente dalla scolarizzazione. Così il padre parla con le maestre di una scuola, disposte ad accoglierlo in classe. Per Viki è un nuovo shock. Tutti vogliono guardarlo da vicino e toccarlo. Lui è spaventato e disorientato. E solo. All’uscita confessa:

“Mamma. Io ho paura di non farcela. Io non capisco niente di quello che dicono le maestre. E i bambini italiani parlano così in fretta che non riesco a capire nemmeno le parole più facili”.

“Ma tesoro è solo il primo giorno”.

“Io ho paura, mamma. Qui non posso farmi nuovi amici, in classe sono tutti italiani, tranne uno. Hanno tutti una casa. Non c’è nessuno con cui parlare o giocare. Anche nell’intervallo sono rimasto solo. Ho raccolto bastoncini in giardino.”

Superato lo scoglio della lingua, Viki scopre che a scuola si può trovare il calore dell’amicizia e non solo quella del termosifone. Le maestre e i compagni gli danno quella piena cittadinanza che la legge italiana gli vieta. Viki andrà poi alle scuole medie e intanto le leggi italiane rimarranno immutate. E Viki scoprirà sulla sua pelle che

“… in Europa non sempre giustizia e legalità coincidono: perché non sempre ciò che è legale è anche giusto, così come è stato per noi.”

La recensione di “Viki che voleva andare a scuola” di Fabrizio Gatti

Viki è un bambino in gamba. Nonostante il contesto degradato e la situazione svantaggiata in cui vive, è bravo a scuola e vuole imparare. Eppure si scontra con la burocrazia italiana, che lo ostacola ben più delle barriere linguistiche, della situazione sociale, economica e culturale della sua famiglia.

La lettura stimola riflessioni personali sui problemi legati all’immigrazione, con eventuali paralleli all’emigrazione degli italiani.

I temi e i valori che veicola sono attuali e importanti: favorire l’accoglienza, l’integrazione e la solidarietà e combattere i pregiudizi, il razzismo, l’intolleranza e la sopraffazione.

La scheda editoriale

  • Titolo: “Viki che voleva andare a scuola”
  • Autore: Fabrizio Gatti
  • Casa editrice: BUR Biblioteca Univ. Rizzoli
  • Età di lettura: dagli 11 anni
  • Consiglio di lettura: Per chi vuole capire cosa significa essere un bambino immigrato irregolare

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