I giorni di emergenza sanitaria che stiamo vivendo sono sconosciuti e inaspettati. Per la prima volta da quando siamo nati dobbiamo fermarci e attendere. Niente spostamenti, niente viaggi, niente aerei. Il mondo globalizzato, tutto d’un tratto, è diventato un’espressione linguistica, qualcosa di estraneo che guardiamo attraverso la televisione, i computer e internet. 

Il governo ci chiede di essere responsabili e collaborare in nome dell’interesse della collettività. Per la prima volta nella nostra vita siamo davvero obbligati a stare in casa e le case di ciascuno di noi sono diventate tutto il nostro mondo: i nostri luoghi di lavoro, per chi ha potuto accedere allo smart working, e le scuole dei nostri figli.

Il nostro consolidato sistema di ruoli e relazioni è mutato d’un colpo. Abbiamo dovuto imparare a essere cuochi, colf, parrucchieri, estetisti, ad assistere i nostri vecchi e chi è genitore ha dovuto imparare a farsi carico di una parte di lavoro che, in tempi normali, è delegato agli insegnanti.

Come possiamo affrontare questi giorni e le settimane che ci attendono? Cosa possiamo imparare dai mesi di isolamento dovuti alla pandemia di Covid19?

Ne ho parlato con Giuseppe Bellodi, insegnante presso Scuola Media Odoardo Focherini di Carpi.

Chi è Giuseppe Bellodi

Ciao Giuseppe, chi sei e di cosa ti occupi?

Insegno Lettere in una Scuola Media di Carpi.

Condivido colazioni, chiacchiere, pranzi, partite a carte, discussioni, film, cene e bacidellabuonanotte con mia moglie e tre figlie.

Mi piace leggere i giornali, andare al bar, leggere libri, ascoltare musica, parlar con gli amici, guardare film e scrivere canzoni. Alcune le faccio da solo, le canto, le suono e le sbatto su Spotify e Youtube a tradimento. Altre le ho scritte insieme a un amico (lui sì che è un musicista coi fiocchi, Gianluca Magnani) e da qualche mese vengono suonate dal gruppo dei Flexus, un gruppo che sta portando in tutte le scuole d’Italia lo spettacolo “La storia del Rock”.

Non mi piace soffrire ma tengo l’Inter da sempre.

Giuseppe Bellodi e l’insegnamento

In piena emergenza Covid19, il 1 maggio, è uscito il nuovo singolo dei Flexus di cui hai scritto il testo insieme a Gianluca Magnani. Si intitola I pugni in tasca e racconta la vera storia di Diva, Silva e Lidia, donne di risaia, che sono sopravvissute a guerra, fame, povertà e sopraffazioni. Ascoltiamo il brano, poi ti faccio due domande.

Il brano inizia con una strofa che sembra parlare dei giorni nostri: “Col cuore e la memoria eravamo sottoterra / In quella vecchia Italia di quel nuovo dopoguerra / Eppur c’era bisogno di ricominciare / senza sapere come si doveva fare Quali sono i punti fissi su cui tutti noi possiamo fare leva per ricominciare?

In questi giorni mi chiedo perché molti studenti mi dicono che han voglia di tornare a scuola. So benissimo che prima avrebbero fatto carte false per rimanere a casa. A dire il vero mi hanno anche detto che forse, una volta a scuola, rimpiangeranno le videolezioni. Forse val la pena vivere con intensità ogni secondo, ogni minuto, ogni ora per quello che è.

Qui però è successo qualcosa di forte. Ci dicono che niente sarà più come prima. In uno splendido passaggio di Cent’anni di solitudine Garcia Marquez racconta la strana malattia che colpisce gli abitanti di Macondo: tutti cominciano gradualmente a perdere il ricordo dei nomi degli oggetti, allora decidono di attaccare su ogni oggetto un cartellino con il nome: “tavolo”, “sedia”, “cane”… Ben presto però qualcuno inizia a dimenticarsi anche il significato di quelle parole, così decidono di allargare il cartellino annotandovi anche il significato di ogni termine: “questo si chiama sedia, serve per sedersi”, “questa è la mucca, bisogna mungerla tutte le mattine per ricavarne il latte e il latte va bollito per aggiungerlo al caffè e bere il caffellatte”.

Val la pena scrivere tante cose di questi giorni. Di cosa abbiamo capito, di come sono stati. Perché sono sicuro che dimenticheremo. Abbiamo la possibilità di ricordare cosa abbiamo capito in questi giorni ma anche l’opportunità di organizzare il tempo in modo migliore di prima. Abbiamo la possibilità di ridare un nome alle cose.

Faccio tesoro di quel che ha detto Francesco Guccini in questi giorni. Non è vero che dopo questo periodo saremo migliori. Penso che perlomeno non sia scontato. Cerchiamo di condividere i nostri sogni e le nostre speranze il più possibile. Le mondine hanno resistito insieme alle difficoltà e insieme hanno contribuito a colorare e rendere più bello il mondo coi loro canti e a migliorarlo con il coraggio delle loro parole.

In queste settimane i genitori hanno dovuto farsi carico di alcune incombenze prima delegate alla scuola. Il ritorno alla normalità non sembra imminente. Quali consigli possiamo dare ai genitori per superare le difficoltà?

Raccontare. Raccontare di sé, delle loro percezioni, delle loro storie. Della musica che hanno ascoltato, delle persone che hanno visto e conosciuto. Anche degli errori compiuti, se può essere utile raccontarli, perché penso che certi errori non valga la pena raccontarli.

Raccontare senza imporre nulla. I genitori possono essere una grande scuola per i figli. Spesso sono una scuola con le porte chiuse. Non è vero che i figli non li ascoltano. Non sempre. Quando sono con gli amici parlano dei genitori, nei temi parlano dei genitori anche se non gli viene chiesto.

Spronare sempre e comunque i figli alla conoscenza, all’approfondimento. Soprattutto ad andare ben oltre alle storie, ai racconti, ai pareri, alle opinioni dei genitori stessi.

I pugni in tasca finisce con un invito: “La terra è terra di tutti e per questo resistiamo”. Cosa può portare di positivo questo tempo?

Siamo tutti sulla stessa barca. Se qualcuno starnutisce in Cina si ammala qualcun altro in Norvegia.

L’ambiente, il pianeta, la natura son beni troppo preziosi per lasciarli nelle mani dell’economia e della finanza. Tutti se ne devono occupare. Il percorso segnato dalla Thunberg e dalle associazioni ambientaliste merita sostegno merita attenzione.

A me piace l’idea che prima ancora che cittadini del nostro paese e della nostra nazione siamo cittadini del mondo.

Giuseppe Bellodi e i libri

Ultima domanda prima di ringraziarti per il tempo che ci hai dedicato. Qual è il libro che ti è piaciuto di più quando eri bambino e che consiglieresti ai lettori di Libringioco?

“Gli animali di stranalandia” di Stefano Benni: è un inno gioioso e divertente alla fantasia.

Poi mi piace il libro Per sempre insieme, Amen”, perché tratta temi delicati e profondi in un modo dolce ironico e genuino.