La bambina che amava Tom Gordon è forse il più bel romanzo di Stephen King che ho letto, nonostante sia uno dei meno conosciuti. Uscito in lingua originale nel 1999 col titolo di The Girl Who Loved Tom Gordon fu portato in Italia dalla casa editrice Sperling & Kupfer nella traduzione di Tullio Dobner.

La curiosità di leggerlo mi è venuta quando ho saputo che la compagnia di produzione Village Roadshow ha acquistato i diritti di sfruttamento cinematografico del romanzo. A scrivere la sceneggiatura è stata Christy Hall, co-ideatrice e produttrice della serie Netflix I Am Not Okay With This. La regista è Lynne Ramsay e pare che le riprese siano già iniziate.

Se come me non avete mai afferrato a fondo il concetto leopardiano di Natura Matrigna, vi basterà leggere 50 pagine di questo romanzo e capirete perfettamente. Se poi avete proprio bisogno di sentirvelo dire in tre parole, ecco che Stephen King vi viene in soccorso con una delle sue frasi FULMINANTI

Il mondo aveva i denti e con quei denti poteva morsicarti in qualsiasi momento. Ormai lo aveva imparato. Aveva solo nove anni, ma lo sapeva, e pensava di poterlo accettare.

La storia inizia come la fiaba della piccola, innocente, inconsapevole Cappuccetto Rosso, che si inoltra nel bosco sola soletta canticchiando trallallero-trallallà. Dall’altra parte della penna, però, c’è Stephen King e già sappiamo che le capiterà qualcosa di orribile.

Trisha McFarland ha nove anni, è appassionata di baseball e fa il tifo per i Boston Red Sox, come suo padre. A dirla tutta, è innamorata del mitico numero 36 Tom Gordon. Durante un’escursione naturalistica si allontana dal sentiero per fare pipì e, per recuperare il terreno perduto, prende quella che crede essere una scorciatoia. Ben presto si ritrova completamente sola e priva di punti di riferimento e non in un parco cittadino o all’orto botanico ma nel cuore dei monti Appalachi: miglia e miglia di boschi impenetrabili, paludi, dirupi, cascate… che ogni anno inghiottiscono persone che non fanno ritorno.

Trisha è ancora convinta di salvarsi quando inizia il cammino nella direzione sbagliata. Passa il tempo ascoltando le partite di Tom Gordon con il walkman, pregando che il suo idolo faccia vincere la squadra, perché è convinta che così potrà uscirne viva.

Ma la sua fiducia inizia a incrinarsi quando scopre che qualcosa o qualcuno la sta inseguendo…

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Il riassunto di “La bambina che amava Tom Gordon”

Giugno 1999. Quilla Anderson e Larry McFarland hanno divorziato da circa un anno e a farne le spese sono stati i figli, Trisha e Pete. Pete soprattutto, vuoi perché era attaccato al padre, vuoi perché è in piena crisi adolescenziale, vuoi perché è un solitario ed è diventato il bersaglio predestinato deli bulli della Sanford Middle School.

Per distrarre i figli e coinvolgerli nei fine settimana che non sono con il padre, Quilla organizza gite ed escursioni alla scoperta del Maine meridionale e degli stati limitrofi. Come quella volta in cui porta i figli sull’Appalachian trail, un percorso naturalistico nel cuore dei monti Appalachi.

Equipaggiata con zaino, mantella, una bottiglia d’acqua e una bibita, un uovo sodo, un tramezzino e un walkman con le batterie nuove, Trisha segue con entusiasmo la madre e il fratello lungo il percorso. Eppure la gita non è affatto divertente, perché Quilla e Pete battibeccano in continuazione sul divorzio e altri argomenti senza degnarla nemmeno di uno sguardo.

Trisha si allontana dal sentiero principale per fare pipì (e anche per non sentire la solita discussione) e decide di prendere una scorciatoia per recuperare il terreno perduto. Inizia a camminare su quello che crede essere un sentiero secondario, ma si disorienta e si addentra nel cuore della foresta.

Alle dieci e mezza era persa nel bosco. Alle undici cercava di non essere terrorizzata, cercava di non pensare: “Questa è una cosa seria, questa è una cosa molto seria.” Cercava di non pensare che certe volte a perdersi nel bosco ci si poteva fare anche molto male. Certe volte si moriva.

Quando cala la notte inizia la lotta di Trisha per la sopravvivenza fisica e psicologica. Un cammino che dura giorni e giorni durante i quali decide di seguire un torrente, immaginando che sulle sue sponde si trovino delle abitazioni, e intanto impara a razionare le provviste, a raccogliere bacche, foglie e felci commestibili, a curarsi le punture degli insetti col fango, a pescare col cappello, a interpretare i segnali del bosco: i rami spezzati, il frusciare delle foglie.

Ma è soprattutto una lotta per non impazzire. Di notte, insieme alla stanchezza, sopraggiungono la paura e la disperazione. Con il walkman ascolta notizie sulla sue ricerche, segue le partite di baseball dei Boston Red Sox e tifa per il suo giocatore preferito, Tom Gordon. Ma soprattutto le voci che escono dal walkman tengono alto l’umore e la spronano a non mollare.

Paura, fame e sete provocano a Trisha visioni notturne terrificanti. Dio le appare in tre forme: il Sub-udibile, il Dio dei Perduti ed il Dio di Tom Gordon.

Il Sub-udibile è una forza che influenza gli eventi in modo favorevole e misterioso, senza che noi possiamo fare nulla per aiutarla. Per dirla con le parole del signor McFarland è quella forza benigna che fa sì che la bomba atomica non sia mai più stata usata dopo la seconda guerra mondiale.

Il Dio dei Perduti, invece, la insegue e la perseguita sotto varie spoglie: a volte appare come un enorme orso con vespe al posto degli occhi, altre come un uomo che veste un mantello nero ed ha una faccia formata da vespe.

Il Dio di Tom Gordon, infine, è quello a cui si appella l’asso del baseball quando indica il cielo prima di un lancio. E quel Dio non appare prima del nono inning.

Più i giorni passano, più la lotta per la sopravvivenza si fa ardua. Trisha contrae un’infezione gastro-intestinale dovuta al fatto che si disseta di acqua non potabile. Le notti trascorse dormendo all’aperto e gli acquazzoni le regalano una polmonite doppia. Nel delirio della febbre, Trisha è CERTA di avere al suo fianco l’amica Pepsi e il suo beniamino Tom Gordon, che appare dal nulla e nel nulla scompare.

Ma di chi sono i segni di artigli sulle cortecce degli alberi? E chi ha ucciso i cerbiatti smembrati nella radura? Sono anch’essi frutto delle allucinazioni oppure c’è VERAMENTE qualcuno o qualcosa che la sta braccando e prima o poi l’ucciderà?

Intanto la madre ed il fratello hanno allertato la polizia e le ricerche sono iniziate, con un impressionante dispiegamento di mezzi. Il fatto è che cercano Trisha in un raggio di 8 miglia da dove è scomparsa, mentre lei ha già lasciato il Maine e ha sconfinato nel New Hampshire.

Quando è ormai allo stremo delle forze, malata, disidratata, sottopeso in modo preoccupante, Trisha raggiunge una strada. Ma appena trova segni di civiltà, si trova faccia a faccia come Dio dei Perduti che questa volta le appare come un enorme orso americano.

Sarà il Dio di Tom Gordon a salvarla, grazie a un walkman e un cacciatore. (Non temete per l’orso)

La copertina della prima edizione italiana nel 1999

La recensione di “La bambina che amava Tom Gordon”

In La bambina che amava Tom Gordon Stephen King ci mette di fronte a una storia perturbante: quella di una bambina di 9 anni, innocente e inconsapevole, indifesa e tenera, che si trova a vivere una situazione estrema, in cui la possibilità di morire è davvero reale e concreta.

La storia inizia con Trisha che si inoltra nella foresta con la leggerezza un po’ incosciente dei suoi 9 anni. Dopo soltanto mezz’ora che si è persa nel bosco, realizza però che perdersi nel bosco alla sua età è cosa seria, anzi serissima. Che da sole nella foresta, alla sua età, ci si può fare anche molto male. Si può anche morire.

La natura vera, quella con la N maiuscola, non addomesticata come quella a cui siamo abituati è ostile agli esseri umani. Mille sono i pericoli che insidiano la vita di una bambina: serpenti dal morso letale nascosti sotto le foglie, insetti velenosi, sciami di vespe, funghi tossici, scoscesi dirupi che si affacciano su un orrido, paludi, sabbie mobili, predatori notturni. Nella natura primordiale e incontaminata tutto vive e tutto cospira contra l’essere umano.

La totale immersione nella natura selvaggia ha anche altri risvolti, meno brutali ma altrettanto mortiferi: il silenzio assoluto, la solitudine continua per lunghi giorni e lunghissime notti, la mancanza di qualsiasi punto di riferimento sono pericolosissimi per l’integrità mentale di ogni essere umano, figurarsi di una bambina.

La natura, quella selvaggia, indomita, non “plastificata”, scatena incubi ancestrali e fiacca lo spirito di sopravvivenza.

Tra la Natura Matrigna e Trisha si gioca una partita di puro terrore dove la natura primitiva, che ha le sue leggi, non concede sconti a chi quelle leggi non le ha più nel DNA da millenni.

Come fare a sopravvivere, quindi? Non c’è una risposta.

Trisha ha una capacità di adattamento e una resistenza che non ci aspetteremmo da una novenne (anche se ovviamente facciamo il tifo per lei e speriamo per il meglio), ma alla fine ha anche fortuna. Quasi allo stremo si attacca a quello che ama profondamente, anche se è solo un sogno. Crede incrollabilmente che il Dio di Tom Gordon apparirà alla fine del nono inning e il walkman è il suo amuleto. E il Dio di Tom Gordon appare per davvero, sotto le spoglie, questa volta, di un cacciatore. Ma forse lei si è già salvata, usando il suo amuleto-racconta-storie.

La scheda editoriale

  • Titolo: La bambina che amava Tom Gordon
  • Autore: Stephen King
  • Traduttore: Tullio Dobner
  • Casa editrice: Sperling&Kupfer
  • Età di lettura: dai 13 anni

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